Data: 31/12/2006 - Anno: 12 - Numero: 4 - Pagina: 25 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
NTO CATOJU - La pittura di Roberto Giglio |
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AUTORE: Werner Bortolotti (Altri articoli dell'autore)
Abbiamo già scritto di Roberto Giglio, e di una sua bella affermazione a Roma, quale pittore (“La Radice”, n° 2/2003, pag. 27). Oggi ne riscriviamo perchè un’altra sua bella opera, “NTO CATòJU”, è stata selezionata per la mostra “dalla terra”, riservata a giovani artisti laziali nell’ambito della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, campagna della F.A.O. contro la fame nel mondo (Roma, 21 ottobre 2006). Poichè riteniamo di essere le persone meno indicate a scrivere delle notevoli doti artistiche del nostro giovane architetto Roberto, che vive a Roma con la famiglia ma con la mente e con il cuore in continua fuga verso Badolato, riportiamo qualche breve giudizio critico sulla sua pittura in generale e sull’acrilico selezionato in particolare. Ripetendogli anche da queste colonne i nostri veramente sentiti complimenti ed auguri. Ecco il giudizio di Terracina. I lenti passi dell’eco: Roberto Giglio, un cammino nell’ombra. La pittura di Roberto Giglio esprime un senso nostalgico dei luoghi del Sud a cui è legato culturalmente e fisicamente. Prediligendo visioni incantate di paesi resi surreali dall’abbandono, la sua tecnica elabora un lento passaggio filtrato nella memoria, antidescrittivo e poetico. è un “sentire sull’uscio del vicolo” che appare nel panorama umano e spaziale, percorso attraverso il velo di una pittura sottile e sfibrata da una luce accecante e imprendibile come la gente del Sud. Lentamente, al di là del reportage dell’occhio cittadino, la sua ottica si esprime attraverso una sfuggente catena di eventi, ferma alla sensazione che il tempo in quei luoghi si sia fermato al sentimento di una individualità antica. Pittura espressa come un viaggio che ha prodotto incontri con nuovi colori, suoni e immagini di credenze antiche, tradizione dura come la quercia radicata nella dolce poesia dei luoghi percorsi e vissuti camminando lentamente, osservando ed ascoltando sempre ciò che apparirebbe ombra. Cesare Terracina Ed ecco un altro lusinghiero giudizio di un grande critico: Ecco l’unica opera che crede nella tradizione. Ci crede la tecnica e ci crede il personaggio rappresentato. Un uomo di età indefinita, ma non un vecchio, sta preparando le bottiglie del vino. E si sente che il suo gesto, concentrato sul collo di una bottiglia è il medesimo da tempo immemorabile. Si dice che sia stato Noè a trovare la vite. Si narra che Dioniso donò il vino agli uomini e fu un dono complesso, poichè richiede la capacità di avere misura. Nel vino si cela l’ebbrezza di Bacco e la saggezza di un rituale di preparazione che è lungo quanto il ciclo annuale. Il rifugio della tradizione, il valore di azioni ripetute costantemente in modo minuzioso dalla comunità conferma se stessi davanti alla progenie e crea un’identità culturale, grande assente della nostra epoca. Werner Bortolotti Ad majora!, Roberto. |